La scorsa settimana ho perso una zia.
Era molto avanti con l’età, ma era una di quelle zie alle quali ti affezioni spontaneamente e profondamente.
Non la vedevo spesso perché abita un po’ lontano da me, ma la sentivo abbastanza regolarmente, l’ultima volta a metà gennaio.
Era una donna non di grandi smancerie, schietta e sincera, ma si ricordava sempre e comunque del mio compleanno, non passava un anno senza una sua telefonata e senza i suoi auguri.
Il suo “Ciao bea, ciao bambin” l’ho scolpito dentro, con la sua voce.
E’ incredibile come io, da sempre, ricordi nettamente le voci e poco i volti.
E così, per salutarla definitivamente, un paio di giorni fa sono andata al suo funerale e ho rivisto una parte della mia famiglia che non vedevo da tempo.
Tanti cugini, tutti più grandi di me. Io, la più piccola.
E ho sperimentato la magia.
La magia che soltanto persone di animo profondamente buono riescono a creare.
La magia di un legame che cinque sorelle, donne semplici, hanno saputo creare e conservare fra loro durante le loro vite trasmettendola anche ai figli e ai nipoti.
Loro lo sanno perché gliel’ho detto.
Hanno la capacità meravigliosa di farmi sentire a casa e di farmi sentire di far parte di una famiglia, anche se ci vediamo veramente poco. E ogni volta è come se non ci fossimo mai persi di vista.
Ed è una sensazione che soltanto loro riescono a farmi provare.
E’ l’altra metà del mio sangue.
E’ bellissimo.
Photo: Pegleess Barrios via Burst