Di mamme, donne e parole pensate
E’ da un po’ che penso a questa cosa.
L’ho sempre ricacciata dentro, l’ho evitata, non ci ho dato poi troppa importanza.
Fino a oggi.
Parlo di due parole, piccolissime, maledettissime parole che si insinuano sprezzanti fra altre parole esaltando menti e anime : “da mamma”.
E’ cominciato tutto quando quella tizia che oggi sta a capo del nostro governo iniziò a sbraitare come un’ossessa durante un comizio “Sono Giorgia, sono una donna, sono una madre…”
Lo ricordate, vero? (no, questo non è un discorso politico, sia chiaro).
E da lì, è stata un’escalation continua di “da mamma” utilizzata dai media per dare enfasi all’attività di una donna.
Per dare enfasi alle azioni compiute da una donna in quanto mamma.
Come se la condizione di maternità potesse dare una sorte di potere infinito per affrontare le situazioni più disparate della vita meglio e con più competenza di altre donne che mamme invece non sono.
E qui, volta dopo volta (perché sono tantissime le donne che hanno ruoli più visibili delle altre e hanno sia i mezzi che un potere di comunicazione maggiore di tante altre) quelle piccole, maledette paroline “da mamma” mi sono suonate sempre più stonate.
Stonate perché il fatto di essere mamma non ti dà una capacità di discernimento, empatia, sensibilità e comprensione assolute.
Sarebbe ora di finirla.
La benedizione della maternità non vi rende migliori di coloro che da questa benedizione non sono state investite.
La benedizione della maternità non vi apre improvvisi chakra che vi fanno essere più brave e empatiche di chi madre non è (esiste anche il famoso “non hai figli, tu non puoi capire” ma magari di questo ne parleremo in un’altra occasione).
Anzi, vi ricordo che ci sono madri che i figli li hanno uccisi, vi sono madri che i figli li hanno abbandonati.
E questa, credetemi, non è invidia come potreste pensare, vi fermo subito, non vale neanche la pena iniziare a pensare questo, tempo sprecato.
A cinquantatrè anni suonati, il mio percorso di metabolizzazione del dolore l’ho ben che vissuto, questo dolore l’ho ben che trasformato in Bene da fare e dare agli altri, oltre che a me stessa.
E proprio per questo credo che sia doveroso fare attenzione alle parole, bisogna pensarle e pesarle.
Usatele bene quelle parole, usatele bene perché ancora quelle due piccolissime e maledette parole “da mamma” evocano una sottile e (spero) inconsapevole discriminazione.
La parola “discriminazione” è molto forte, lo so, ma questo è.
Pensate a come lo dite e pensate a chi lo dite.
Discriminazione travestita da falsa solidarietà femminile.
Questa non è solidarietà femminile.
Non lo è perché il diventare madre, come ho sempre detto, non è scontato, non sai a chi potrebbe capitare di non averne di figli.
Potrebbe capitare a tua figlia, potrebbe capitare a tua sorella, alle compagne dei tuoi figli.
E allora vorrei ben vedere se quel “da mamma” avrebbe tutta la valenza che tanto orgogliosamente esce dalle labbra impetuoso e tagliente come una spada.
3 commenti
Francesca Orenti
Caterina c’è una foltissima schiera di donne che a più riprese maledice il giorno in cui è diventata madre ma non lo ammetterà mai se non in un momento di sconforto nelle confessioni segrete con un’altra madre disperata. E perché non lo ammetterà mai? Perché non sta bene e qui torno al tuo discorso. Diventare madre è visto ancora troppo nell’odierna società come una benedizione! Quando si è incinta però nessuno t parla dell’inferno che verrà dopo, nessuno ti dice che, se vuoi provare ad uscirne, devi scavare a mani nude nel profondo di te stessa e non parlo di notti insonni, rispostacce o di qualsiasi altra difficoltà concreta della condizione di madre. Parlo della frustrazione, dell’inadeguatezza, della fatica, della rabbia e del senso di responsabilità che ti accompagnano nel crescere un altro essere umano che in tutto e per tutto dipende da te, che prende esempio da te e molte volte tu così un buon esempio non riesci ad essere… Quando anche io da madre dico basta!
Caterina
Cara Francesca, è vero quanto dici. E se della non maternità se ne parla ancora troppo poco, si parla poco anche della maternità che non è proprio da Mulino Bianco…
Certo, conosco Natalia Levinte e credo che in questo senso stia facendo un bellissimo lavoro.
Un abbraccio
Francesca Orenti
Ah scusami, dimenticavo la paura e la solitudine connaturato nel percorso materno di molte, troppe donne.
Conosci Natalia Levinte?