In questi giorni ho scritto e cancellato inizi di post decine di volte.
Niente andava bene, nessun incipit mi portava ad uno scritto di senso compiuto.
Sono giorni di grande confusione e credo di non essere l’unica a sentirmi così.
I media martellanti, continui e ridondanti, tanto che ogni notizia acquisisce ansia e forza a ogni condivisione.
E le notizie alla fine sono sempre le stesse, quattro o cinque al giorno quelle veramente importanti, ma è come se fossero decine, centinaia, migliaia.
E intanto la testa si riempie di input e di domande che sfidano la tua razionalità più profonda.
Potremo tornare ad abbracciarci?
A stare vicini?
Potremo tornare a sorriderci in faccia magari sfiorandoci il viso senza paura?
Potremo tornare a prenderci le mani per consolarci, per saziare la nostra empatia?
Oppure queste distanze ora necessarie diventeranno abitudine e tutto diventerà rapidamente normale, gelido e sterile?
Perché si fa presto a dimenticare quanto è bello abbracciare e venir abbracciati, a come si stava bene prima quando la boccetta di gel idroalcolico sostava nelle borsette per mesi prima di venir terminata ma si fa altrettanto presto ad abituarsi a stare a distanza nel timore umano che l’invisibile nemico si prenda gioco di noi.
Photo by Andrew Apperley via Burst